top of page

La salute per la testa


Le prime cure di cui si ha notizia risalgono all’antico Egitto, dove la chioma del faraone era considerata sacra. Oggi per evitare la perdita dei capelli ci si affida al medico tricologo e a terapie precoci e mirate. La diagnosi, i farmaci, gli integratori e il ruolo della chirurgia nella calvizie Intervista al prof. Andrea Marliani • Specialista in Dermatologia e in Endocrinologia

• Presidente fondatore della Società Italiana di Tricologia (S.I.Tri.)

• Iscritto al Pubblico Registro dei Medici Tricologi

> sitri.it Dal primo medico della testa di Cheope a Ippocrate, che coniò il termine alopecia, la storia della tricologia ha radici antichissime. «Hakiem el Demagh è stato il primo medico tricologo di cui si ha notizia storica. Il suo ruolo alla corte di Cheope era molto importante perché la perdita di capelli del dio faraone era sentita dal popolo egizio come un annunzio di sventura. Poteva essere il presagio di una mancata esondazione del Nilo o di un’invasione degli Ittiti» spiega Andrea Marliani, presidente emerito della Società Italiana di Tricologia (S.I.Tri.), che ha fondato con pochi colleghi nel ‘96. I medici si sono sempre occupati dei capelli, sentinelle dello stato di salute, ma nello scorso ‘900 la disciplina è stata trascurata. «Negli anni ’70 era quasi proibito al dermatologo in formazione di occuparsene: era un ambito, come quello dell’estetica in generale, considerato impuro, di poco interesse». Di lì a poco sarebbe però avvenuta una rivoluzione, guidata dalla ricerca farmacologica, che oggi offre svariate cure per la perdita dei capelli, una nota dolente per la metà degli italiani, donne comprese.

Quali sono le cause della caduta dei capelli?

Una normale caduta fa parte del ciclo vitale del capello e non deve destare preoccupazione: è una sorta di “muta continua” che può aumentare nei cambi di stagione. Anche se i capelli si perdono per svariate cause, quello che alla fine porta alla perdita dei follicoli è un’infiammazione che li circonda che esita in cicatrizzazione con la caduta definitiva del capello.

Quali sono le forme più comuni di calvizie? L’alopecia androgenetica, interessa in prevalenza gli uomini: si iniziano a perdere i capelli verso i 17 anni (calvizie precoce) e a 30-40 si arriva alla calvizie a corona, quella da commendatore per intenderci. L’alopecia androgenetica è dovuta in gran parte alla produzione di diidrotestosterone da testosterone. Oltre la metà della popolazione maschile soffre, almeno in forma lieve, di alopecia androgenetica. L’alopecia areata, di solito con le tipiche chiazze prive di capelli fino all’alopecia totale, è una malattia autoimmune che impedisce la crescita e lo sviluppo dei capelli e può verificarsi anche in poche ore. Vi sono poi casi, fortunatamente rari, di persone che perdono in una notte tutti i peli del corpo, compresi i capelli. Il telogen effluvium, è una caduta di capelli patologica ma comune che può verificarsi dopo ogni stress importante. Squilibri ormonali della tiroide, anemie spesso da carenza di ferro, dopo una malattia, una gravidanza, una terapia con eparina ma anche un trauma psichico può condurre a una caduta importante di capelli, spesso nell’ordine di centinaia, anche migliaia al giorno. È un fenomeno di solito benigno ma che va trattato con attenzione. Nelle alopecie cicatriziali, il capello è aggredito con un meccanismo autoimmune.

Come si sono evolute le cure? Per molti anni la tricologia è stata trascurata anche perché non esistevano cure davvero efficaci. Alla fine degli anni ’70 compare sul mercato il minoxidil, che apre una nuova possibilità terapeutica e riaccende l’interesse per la disciplina. A questo si aggiunge poi, alla fine degli anni ’90, la finasteride: entrambi sono considerati ancora oggi parametri di riferimento e vengono comunemente impiegati in tutto il mondo. In realtà i tricologi veri li usano molto meno di un tempo. Si preferiscono spesso altre soluzioni: il progesterone per uso topico, introdotto in Italia già negli anni ’70, l’estrone, l’idrocortisone sempre per uso topico, e diversi antiossidanti per uso orale.

Quali sono i timori di chi affronta una terapia molto lunga? Il medico tricologo valuta sempre pro e contro, ne discute col paziente e non prescrive mai farmaci che questo teme; il rischio è non solo la mancata aderenza alla terapia, ma anche la comparsa di effetti collaterali che in realtà non ci sono (il cosiddétto “effetto nocebo”). I giovani ad esempio diffidano della finasteride temendo effetti sulla libido che esistono ma sono rarissimi. Il realtà la finasteride pare inibire la formazione di un neurosteroide cerebrale ad effetto antiansiogeno e la sua carenza può peggiorare una depressione o uno stato di ansia già in atto, così spesso il medico tricologo, quando si rende conto che il paziente presenta questa condizione, ne evita la prescrizione. Del minoxidil (che oggi non si assume più per bocca come un tempo si faceva per controllare forme importanti di ipertensione) si temono, da parte dei pazienti più ansiosi, cali di pressione e problemi circolatori che non sono mai stati dimostrati. Il minoxidil applicato sulla cute non passa nel sangue.

È vero che bisognerebbe curare la calvizie quando ancora si hanno tutti i capelli? Le terapie tricologiche sono molto lunghe, possono durare anche 10-20 anni, e il tempismo è essenziale. Il soggetto ideale ha 18 anni e ancora tutti i capelli in testa ma geneticamente è già calvo. La persona destinata alla calvizie che si cura prima di iniziare a perdere i capelli può contare di averli ancora a 35-38 anni. Passato il “pericolo” la calvizie non si verificherà.

Quando la terapia è solo chirurgica? Quando il paziente ha già perso i capelli e presenta ormai una calvizie irreversibile la terapia può essere solo chirurgica con l’autotrapianto. Si tratta di un intervento di ridistribuzione dalla nuca sul vertice e sulla linea frontale. Se ben eseguito è praticamente invisibile anche a un occhio esperto e ricostruisce una situazione fisiologica.

Quali sono le caratteristiche dell’intervento? Si tratta di un intervento lungo, può durare anche 6-12 ore, ma è eseguito in anestesia locale senza bisogno di sedazione. Il giorno dopo si possono riprendere le normali attività. In Italia abbiamo alcuni tra i migliori chirurghi tricologi al mondo e molti stranieri vengono qui a operarsi. D’altra parte molti italiani volano in altri paesi del vicino Oriente per spendere meno. Ma il risparmio si può tradurre in un possibile danno. Spesso a eseguire gli interventi non sono neppure medici e le conseguenze negative si vedono al rientro, talvolta anni dopo.

La chirurgia è una soluzione una volta per tutte? L’intervento non è una pratica alternativa né sempre definitiva perché la calvizie è un processo in evoluzione. Si ricorre alla chirurgia quando non vi sono altre possibilità ma dopo è importante impostare una terapia medica altrimenti dopo 5-10-15 anni si rischia di restare nuovamente senza capelli, specialmente se l’intervento si è fatto da giovani. Di norma l’intervento ideale si effettua verso i 35-40 anni ma non sono rari i casi di ragazzi di 18-20 anni che lo chiedono. Se l’intervento viene eseguito anzi tempo il rischio è che restino solo i capelli trapiantati. Ci deve essere una forte compenetrazione tra il lavoro del medico tricologo e del chirurgo per ottimizzare i risultati.

I capelli hanno un ruolo importante nella costruzione dell’immagine di noi stessi: quali sono i disturbi più frequenti?

Spesso ci troviamo di fronte a condizioni psicopatologiche che hanno nei capelli il loro centro di gravità. La tricotillomania è un disturbo che conduce a strapparsi i peli e i capelli fino a causare forme di calvizie anche importanti. Nei casi di dismorfofobia, ovvero di un disturbo della percezione corporea (come l’anoressia), le persone si dicono calve anche di fronte all’evidenza, guardandosi allo specchio o in fotografia. Dallo specialista: esami e diagnosi

Un medico esperto in tricologia è in grado di fare la diagnosi già con la vista e le mani. Gli strumenti sono quelli tipici della dermatologia: con la tricoscopia, una dermatoscopia applicata ai capelli, si esamina la cute con un ingrandimento, oggi quasi sempre in digitale. «È un passaggio importante per il paziente, che vedendo quello che osserva il medico si sente partecipe e preso in carico» spiega Andrea Marliani, presidente fondatore della S.I.Tri. «Si prescrivono sempre gli esami del sangue: se la ferritina è bassa, espone ad effluvium. In tricologia il valore della ferritina non deve mai essere inferiore a 30 mg. In caso di anemia è molto comune la caduta fino alla perdita di capelli che diventano anche sottili se l’anemia si protrae. Anche i dosaggi del TSH sono importanti. Spesso la caduta è il primo sintomo di un disturbo tiroideo. Per avere un quadro completo si aggiungono emocromo, vitamina B12, vitamina D e acido folico». A occuparsi di capelli dovrebbe essere il medico specialista che si è perfezionato in tricologia con corsi e master come quelli offerti dall’Università di Firenze ed è inserito nell’apposito registro dei medici tricologi tenuto dalla Società Italiana di Tricologia.

Abitudini: dal sonno alla piastra

Se i capelli sono un indice dello stato di salute, per avere una bella chioma il primo passo è un buono stile di vita. Quindi curare l’alimentazione, il movimento e anche il riposo: la carenza di sonno, infatti, è correlata con l’alopecia areata. I prodotti cosmetici vanno scelti con attenzione; se di buona qualità, tinture, cere e gel non sono dannosi. A essere potenzialmente pericolose sono le piastre: danneggiano il fusto del capello che diventa fragile per poi spezzarsi. Anche l’uso del phon troppo caldo è nocivo perché danneggia la fibra dei capelli e può causare la tricoressi nodosa: il capello perde la cuticola che lo protegge, si gonfia e si spezza per l’ingresso dell’acqua. Foto © Depositphotos.com

bottom of page