Libri, vestiti, oggetti d’arte e gadget tecnologici. Tutti accatastati. Ma quando la tendenza all’accumulo interferisce con la vita quotidiana e compromette il benessere psicologico, entra in gioco un problema complesso che va al di là della semplice tendenza a conservare le cose. È la disposofobia.
E dai…è abbastanza normale tenere un quaderno delle elementari, il vestito della prima comunione del proprio figlio ma anche il biglietto di un concerto, la carta di un cioccolatino o addirittura un vestito che potrebbe tornare di moda. Diventa meno normale se i vestiti, i quaderni e i biglietti si mantengono tutti indifferentemente. Per alcune persone la difficoltà a separarsi dagli oggetti potrebbe diventare in alcuni casi una vera e propria patologia ossessiva.
È LA DISPOSOFOBIA
Psicologi e psichiatri la definiscono: “come un disturbo da accumulo o accaparramento compulsivo. Il termine deriva dall’unione di due parole, una inglese “to dispose” che significa gettare via, disfarsi di qualcosa e l’altra greca “phòbos” ossia fobia”. Che tradotto vuol dire paura di buttare via. Un disturbo da non sottovalutare poiché tale meccanismo distorto che alimenta la disposofobia e che compromette in modo severo la qualità di vita di una persona, ha un’incidenza di gran lunga maggiore di quanto si possa immaginare. Si stima infatti che nei paesi occidentali abbia una diffusione che si aggira tra il 2 e il 5% della popolazione”.
“TENGO TUTTO E NON BUTTO NIENTE”
“Quando il desiderio di trattenere oggetti senza disfarsene (o l’acquisto di nuovi oggetti senza utilizzarli) arriva a interferire con le attività quotidiane come l’igiene personale, la pulizia della casa o il riposo, occorre chiedere aiuto - consigliano psicologi e psicoterapeuti -. A questa condizione si aggiunge un disagio sociale poiché molti accumulatori evitano il contatto o l’ingresso di altre persone nelle proprie case, a causa dell’imbarazzo legato al disordine e finiscono spesso per isolarsi. Nel caso di convivenza con altre persone, devono affrontare tensioni significative, dovute al disordine generato proprio dagli oggetti accumulati”.
UN DISTURBO SOTTO OSSERVAZIONE
Un male oscuro di cui si parla da tanto in modo più o meno scientifico: sono infatti molti i film e le trasmissioni televisive (come “Vite sommerse”) che hanno affrontato il problema. Problema che soltanto dal 2013 compare come entità definita nel DSM-5 (Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali), inserita nella grande categoria dei disturbi correlati al DOC ossia Disturbo Ossessivo Compulsivo. “E’ bene osservare - chiariscono gli esperti - che le persone interessate non accumulano oggetti per motivi di paura o ansia, come nel DOC, ma spesso a causa di un attaccamento emotivo ad essi o alla difficoltà di prendere decisioni sull’opportunità di tenere o scartare gli oggetti. Cosa ancora più rilevante sono i pensieri relativi all’accumulo che non sono percepiti come intrusivi né hanno tratti ripetitivi”.
PER UNA MAGGIORE CHIAREZZA
Ci ha pensato un gruppo di studio coordinato dalla prof.ssa Caterina Novara, dell’Università di Padova che ha portato avanti una indagine i cui risultati sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista PLoS One. “Una delle caratteristiche principali dell’accumulo compulsivo - hanno spiegato la Novara e colleghi - è una significativa resistenza a scartare gli oggetti, alimentata da convinzioni disfunzionali ed emozioni negative ingiustificate che gli accumulatori tendono a provare quando si liberano dei propri beni. L’obiettivo principale del nostro studio era esplorare i processi psicologici che gli individui, con caratteristiche di accumulo compulsivo elevate e gli individui con caratteristiche di accumulo compulsivo basse, sperimentavano quando dovevano separarsi da un bene di valore”.
ACCUMULATORE SERIALE: CHI È?
È colui che spreca tempo, soldi e salute. Denaro: sperpera acquistando oggetti che già possiede. Tempo: per conservare cose che non servono. E la salute? Il disturbo dell’accumulo compulsivo porta con sé non pochi problemi: non a caso tende a deprimersi, è irascibile, è spesso di cattivo umore, ha problemi di insonnia ed è ansioso.
NON È UN COLLEZIONISTA
Accumulare o collezionare? La differenza sta nella gestione dello spazio, nella cura e nell’utilizzo di specifici oggetti. Un collezionista se ne prende cura, li riordina, li cataloga e li esibisce con fierezza; un accumulatore patologico perde invece interesse per gli oggetti che ha, li accatasta senza cura in spazi che permettono solo di muoversi in casa, sviluppando di conseguenza un senso di vergogna per quanto conservato, salvo ritenere tutto indispensabile quando incombe la minaccia della separazione.
ACCUMULATORE SERIALE: QUALI OGGETTI CONSERVA?
Coloro che soffrono di disposofobia possono mantenere diversi tipi di oggetti, alcuni di questi sono maggiormente ricorrenti, come: vestiti; giornali e riviste; documenti e carte, vecchie ricevute, bollette, estratti conto e altro materiale cartaceo; libri; attrezzature e utensili; oggetti da collezione; prodotti alimentari; articoli per la casa come piatti, posate, biancheria da letto e asciugacapelli e non ultimi vecchi apparecchi e hardware, componenti e cavi.
COSA FARE E NON FARE?
È importante evitare qualsiasi tentativo di forzare la persona ad eliminare gli oggetti oppure obbligarla a ripulire l’ambiente. Tutto ciò potrebbe peggiorare la situazione. Il trattamento per la disposofobia è complesso e richiede un approccio multidisciplinare che coinvolga professionisti come psicologi, psichiatri e assistenti sociali. Sicuramente tra gli approcci terapeutici più utilizzati ci sono: la terapia Cognitivo-Comportamentale (TCC); la terapia farmacologica: in alcuni casi, infatti, i farmaci antidepressivi o ansiolitici possono essere prescritti per alleviare i sintomi associati al disturbo da accumulo e non ultimo il supporto sociale e familiare.
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